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sabato 7 giugno 2014

Il Memory delle EMOZIONI "home-made": memorizzare, imitare, riconoscere, scoprire... Giocare Insieme!



Tutto nasce sempre dalla realtà...
Siamo al mare (beati noi!) e non so i vostri  "nanetti" ma il mio Greggy sta perdendo il Santo Pisolino Pomeridiano... 
Se lo si riesce con qualche stratagemma a far avvicinare al letto (riunione di soldati sul lettone-accampamento, battaglia fra draghi sotto i cuscini...) crolla, ma quando si accorge in partenza delle mosse strategiche della Mamma non c'è nulla da fare. Sveglio e attivo e desideroso di tornare in spiaggia ad animare ruspe e betoniere.
Il sole alto in cielo, il fratellino ronfa... Mmmm... "Giochiamo un po' in terrazzo?!"
E così ecco un'idea semplice e fai da te realizzata con l'aiuto della creativa nonna Jolanda... Il memory delle EMOZIONI! (Per le fantastiche cards cercate su www.homemademamma.com... Trovate tantissimo! Davvero una super mamma!)


Come si gioca?

Abbiamo preparato delle semplici cards da memory raffiguranti le emozioni rappresentate da delle Emoticon molto chiare. 
Abbiamo scelto le principali e più semplici da decodificare: Gioia, tristezza, rabbia, paura.
Aggiunto poi alcune tessere più complesse che sono più "stati d'animo": noia, stanchezza, perplessità, dubbio, timidezza, sospetto, stupore, confusione... 
E poi?!
Si gioca come un semplice Memory, ma con una prova in più: una volta trovata la coppia se vuoi guadagnare il tuo punto devi rappresentare l'emozione giusta!
Come?!
Con una statua, con un'espressione, con una parola... Si possono fare tante varianti! 
L'importante è riconoscerla e raffigurarla... Solo allora potrai aggiungere un punto!


Greg e la noia


Greg e la rabbia 


Greg e la paura 

E così impariamo giocando a decodificare e imitare le emozioni... E tra una tesserina e l'altra si chiacchiera: Ma tu quando sei triste? E arrabbiato? E felice? 

Decodifica, imitazione, rappresentazione e narrazione personale! 



Buon Gioco a tutti voi!
E cacciamo la... 



domenica 25 maggio 2014

Tra teatro, fiabe, arte, psicomotricità e gioco...Un'esperienza di bellezza e libertà.

 
 
Un pizzico di arte,
Teatro in quantità,
3 cucchiai di storie e fiabe,
uno spicchio di passione,
 un ciuffo di allegria,
 quattro dosi di fantasia,
2 bicchieri stracolmi di giochi,
un misurino abbondante di pasticci...
amalgamare bene con tanto affetto e sale pestifero,
condire con stupore e coccole,
 aggiungere abbracci senza misurare...
Infine un sacchettino di polvere magica "per ritornare bambini"...
Et voila'!
 

 Il mondo di MammaMagó!



Questo post è pensato per i più curiosi, per mamme in ricerca di nuovi stimoli, maestre appassionate, educatori desiderosi di sperimentare... E per tutti coloro che vogliono saperne di più!

E' tempo di saggi finali, tempo di lezioni aperte e ultimi incontri...
Tempo di osservare i fiori spuntati sul campo e seminati con cura in questo avvincente anno di lavoro... Il settimo anno!

 

IL MIO METODO DI LAVORO
 
 

Perché parlo di un metodo di lavoro? Perché i laboratori teatrali nelle scuole, di ogni ordine e grado, devono poggiare su un pensiero pedagogico e non solo su abilità artistiche. Credo che questa sia una grande mancanza in tanti laboratori in circolazione. Troppo spesso con i bambini e gli adolescenti ci si improvvisa...e avviene sulla loro pelle.

Da dove nasce il mio metodo di lavoro?

Nasce dall’esperienza. Dall’incontro quotidiano con l’animo complesso e misterioso dei bambini e dei ragazzi. Un’esperienza che, grazie al Cielo, si continua ad approfondire giorno dopo giorno nel lavoro con educatori e bambini, un’esperienza che continua sempre più a chiarificarsi. 

Oggi vorrei raccontarvi del mio lavoro con i bambini.


 

Considerare il bambino nella sua globalità – tenendo in considerazione tutti i linguaggi, verbali e non-verbali, in lui presenti, tutti i suoi stati d’animo, le sue caratteristiche, la sua storia – è la grande sfida e l’origine del mio metodo educativo.

Parto da questa certezza: l’avventura dell'apprendere e dell’imparare  avviene attraverso l’incontro con la bellezza, cioè dentro un avvenimento che sia in grado di coinvolgere tutto il bambino, di attrarlo, interessarlo, ,incuriosirlo.  Nell’esperienza (fatta con il corpo, con la voce, con tutta la persona…) tutto l’io è ridestato.  

 

Realizzo per questo percorsi e creo situazioni ludiche (utilizzando prevalentemente giochi-esercizi teatrali e materiali non strutturati) dove il bambino possa muoversi, scoprire, agire, sperimentare e relazionarsi utilizzando il corpo e i sensi. Un corpo a volte dimenticato, usato “distrattamente”, ma così prezioso se ascoltato e messo nella condizione di “poter parlare”.

Utilizzo molto spesso anche le Storie, le Fiabe, le Favole perché li considero ausili preziosi per introdurre al lavoro tutti, anche i più timidi, anche i più scettici. Non ho mai trovato un bambino che non venisse catturato dalle Storie. Mai.


 
“Cecilia ci racconti una delle tue Storie?”

Quante volte ho sentito pronunciare questa frase! Che meraviglia gli occhi dei bimbi incollati alle immagini, tutti “dentro” la Storia.

A volte drammatizziamo, a volte chiacchieriamo, a volte la Storia ci regala stimoli per un lavoro di psicomotrictà, a volte balliamo, cantiamo, seguiamo i suoni degli strumenti…

 

E Infine?
 

Infine “traduciamo graficamente” l’esperienza fatta.
 

Cerchiamo di prenderci un attimo per fissare, per lasciare sedimentare le nostre scoperte, piccole o grandi che siano… 
E allora succede che disegnamo il volo della rondine che siamo di diventati o che trasformiamo i palmi delle nostre mani nelle zampe di un elefante. Tutto può accadere, tutto si può rappresentare!

Qualche esempio?

 
Rappresentazione dei passi degli animali. Esperienza ispirata dalla Storia "Io mi mangio la Luna"
Anni 3, lavoro di psicomotricità fine.
 
 
Creazione dell'albero che sono diventato.
Lettura della fiaba "Il volo delle rondini".
Scuola Primaria
 
 
Creazione collettiva del verde dopo la lettura di "Piccolo blu e Piccolo giallo"
 
 
Rappresentazione libera delle proprie emozioni e del vissuto del laboratorio teatrale.
Biblioteca.
 
 

Il teatro è il nostro sfondo, è il motore dell'azione, è il porto sicuro da cui parto e dove so che approderò, è il mare dove amo nuotare, ma i luoghi in cui viaggiamo sono tantissimi davvero!
 
L'anno si sta concludendo e più osservo le foto, più ripenso ai lavori fatti più sono grata dell'opportunità che ho di svolgere il mio lavoro.
Resta un solo neo nella chiusura di questo anno scolastico: ho molto sofferto quest'anno nel vedere il mio Greggy in una scuola dell'infanzia rigida. Vedevo i lavoretti tutti uguali e stereotipati fatti principalmente dalle maestre e davvero era un dolore, sarò esagerata, ma è così.
Soffrivo nel vedere le schede tutte uguali, i disegni identici... E i bambini sempre seduti, giocare ai tavoli, compilare libri...
E quelle frasi ingenue "Mamma non posso usare il nero, alla maestra non piace. Non lo vuole". Una pugnalata! 
E poi alle recite... Leoni addomesticati, davvero. Altro che libera espressione!
E i genitori che non capiscono, non si interrogano, non lo considerano importante...
"Sono solo lavoretti, sono solo schede." 
Altro è importante per loro. Sanno scrivere il loro nome, ma dove sono le orecchie del compagno e persino le loro non è una certezza. 
No, non è così. Non sono altre le cose importanti. 
Mi dispiace, ma non è così.
 
L'esperienza  creativa ed artistica, specialmente per i bimbi per cui verbalizzare è complesso, è una possibilità di dirsi, ed è un'esperienza di trasformazione di sé e di ciò che c'è intorno a sé (io posso intervenire su ciò che ci circonda ed imprimervi qualcosa del mio essere e di ciò che ho vissuto. Ogni atto di espressione è la possibilità raccontare e allo stesso tempo  di sorprendersi, è qualcosa di inaspettato, che facciamo noi, ma che ci stupisce. Perciò è  occasione per l’educatore ed il bambino insieme. Per una mamma e un bambino insieme.
"Mamma guarda!" in questa frase c'è tutta la scoperta del bambino.
"Maestra guarda", maestra condividi con me la MIA scoperta, la MIA espressione, il MIO io.
Per quello che riguarda noi... Cambieremo scuola.
E io continuerò ad andare a fondo di queste intuizioni, con passione e tenacia. Lo faccio per me (perché la prima ad essere felice sono io!) e per tutti i faccini e facce che incontrerò.
 
 
 
 
 
 
 


lunedì 19 maggio 2014

Sedici anni: fame e sete di felicità. Quello che gli adolescenti non dicono, ma vivono e desiderano. Un viaggio oltre l'apparenza.


Laboratorio teatrale.

Non abbiamo tante ore da trascorrere insieme: otto ore per la precisione. Otto ore di progetto di antropologia su una classe III. Punto.
Abbiamo iniziato con il rito delle presentazioni. "Fate una pubblicità del vostro compagno. Vendetemelo! Perché dovrei acquistarlo? Una pubblicità vera con tanto di slogan eh?!"
Ognuno di loro doveva presentare un compagno.
Trascorriamo così la prima ora.
Tra risate e chiacchiere. Si presentano parlando di avventure sessuali, abilità nell'ubriacarsi, si definiscono conoscitori di droghe, frequentatori  assidui di discoteche... Questo quello che dicono. Questo quello che mostrano.
Ma non ci fermeremo qui.
Non voglio fermarmi all'immagine stereotipata che loro stessi mi dipingono.
I loro occhi parlano. Gridano ben altro. L'essenziale è invisibile agli occhi, bisogna saper cercare.
Nelle pause mi chiedono di me. Sono incuriositi dal mio lavoro bizzarro, dei colori accesi che indosso e dai testi che ho scelto per loro...
Abbiamo concluso parlando del cuore e del nostro desiderio di felicità. Otto ore dopo, 10 giorni dopo. Non parevano gli stessi.
Non voglio rubarvi tempo con le mie parole, preferisco siano i loro testi a parlare, a raccontare.
Ecco quello che non dicono, ma sono. Quello che sognano, vogliono, gridano, desiderano.
Basta guardarli. Basta ascoltarli.
Fidatevi, dedicate qualche minuto alle loro parole.

 

 

 

 La felicità è mio padre sollevato, che sta bene, e vedere i suoi occhi illuminarsi per cercare di distrarci, per far crederci che tutto si sistema.

Felicità è sapere di avere un padre che lavora per non far mancare niente ai propri figli.

Felicità è stato vedere mia madre in ospedale tutti i giorni accanto a lui, l’uomo con cui ha passato un’intera vita, vederli baciarsi dopo le lacrime. Felicità è tornare a casa e sapere di averli insieme, nonostante i problemi, i litigi, le cose negative. Ecco per me è questo. 

Solo ora capisco quali siano le cose importanti della vita: quando ad un certo punto tutto sembra andare a rotoli ed è proprio lì che ti alzi e capisci di voler vivere, di voler andare avanti, ma con il sorriso  e cercando di essere forte.”                                                             

 

“Molte volte sottovalutiamo il vero significato di felicità. In generale per me la felicità è poter stare con i miei genitori, fratelli, amici, con le persone a cui voglio bene e che mi vogliono bene. La felicità è vederli ridere, vederli felici. Se penso alla felicità penso alle vacanze con i parenti. Penso ai compleanni, alle feste o alla domenica quando la famiglia si riunisce semplicemente per stare assieme. Sono felice di avere una famiglia come la mia.”

 

 “Che mistero siamo noi uomini, abbiamo un cuore, un desiderio d'infinito e di felicità che nessuna dittatura, nessuna sconfitta e nessuna delusione e circostanza può spegnere!” Così ci ha detto Cecilia.  Quanto possono essere vere queste parole!? Moltissime volte mi sono chiesta e ho chiesto alle persone intorno a me cosa fosse realmente la felicità, forse è quella emozione che dura solo un istante, quei momenti in cui non si hanno preoccupazioni e non si pensa ai problemi, in cui ci si sente in pace con tutto e tutti.

 

 

E' quindi questa la felicità? Forse. Chi può dirlo davvero siamo noi stessi. Non sono in grado di definire la felicità in termini generali, ma posso dire di aver scoperto la mia felicità, e la felicità di cui parlo è quella che si prova nel guardare la propria vita e sentire che non manca nulla, ma che allo stesso tempo, ci sono ancora tante emozioni da scoprire e provare. Ho passato troppo tempo a pensare a cosa mi mancasse per essere felice e ad essere triste per questo, troppe volte mi sono sentita sola e mi sono chiusa in me stessa credendo che fosse l'unica cosa da fare per paura di uscire completamente allo scoperto. E con la testa piena di domande e di insicurezze mi sono dimenticata della cosa più importante: ho dimenticato di vivere.”

 

“Ho capito che la felicità non dipende solo dagli altri, ho capito che sono felice quando riesco a credere in me stessa, quando mi guardo dentro e mi sento bene, quando riesco a fare qualcosa che non avrei mai pensato di fare, quando sono coraggiosa, quando dico ciò che penso, quando non mi sottovaluto. Sono felice quando non mi nascondo, quando sono libera di essere davvero io, sono felice quando sono orgogliosa di essere come sono. E' proprio per questo che ho capito: che per me la felicità non può coincidere con un attimo che poi svanisce, la felicità è più una scelta, e a differenza di ciò che credevo, non si cerca ma la si crea.”

 

La felicità è una parola che non si può descrivere con una definizione, infatti per me, è nella semplicità delle piccole cose, ma speciali. Ad esempio l’inizio di un bella giornata è quello di alzarsi la mattina con il buongiorno della mamma e guardare fuori dalla finestra, oppure sentire il profumo del caffè, o altro ancora ascoltare le note di una canzone che ti emoziona facendoti ricordare momenti unici, insomma saper apprezzare ogni piccolo momento.”

 

“In tutti i momenti di malinconia e tristezza, c’è sempre un qualcosa di amaramente felice. Le situazioni belle o brutte, cambiano sistemando sempre i rapporti delle persone. Da qui si impara quanto sia bella e grandiosa la semplicità.”

 La felicità è mio padre sollevato, che sta bene, e vedere i suoi occhi illuminarsi per cercare di distrarci, per far crederci che tutto si sistema.

Felicità è sapere di avere un padre che lavora per non far mancare niente ai propri figli.

Felicità è stato vedere mia madre in ospedale tutti i giorni accanto a lui, l’uomo con cui ha passato un’intera vita, vederli baciarsi dopo le lacrime. Felicità è tornare a casa e sapere di averli insieme, nonostante i problemi, i litigi, le cose negative. Ecco per me è questo. 

Solo ora capisco quali siano le cose importanti della vita: quando ad un certo punto tutto sembra andare a rotoli ed è proprio lì che ti alzi e capisci di voler vivere, di voler andare avanti, ma con il sorriso  e cercando di essere forte.”                                                             

 

“Viviamo in un mondo materiale,  ma alla fine, cerchiamo sempre ciò che non si compra col denaro. Io alla fine l’ho capito.

Per me la felicità è guardare mia mamma e vedere che riesce ancora a sorridere. E’ vedere mio padre, che nonostante sia stato poco presente nella mia vita, cerca di rimediare, spesso esagerando, ma ci prova. Per me la felicità è abbracciare mia sorella Laura e sentire che mi è rimasta lei, non sono sola.

La felicità sta anche nei ricordi. Le sere con gli amici, i momenti con la persona di cui ti innamori, le cicatrici sul corpo di quando si era bambini.

Fin da bambina ho avuto un notevole approccio con la religione. Ho avuto modo di studiare la Bibbia, libro che molti sottovalutano, che risponde alle domande principali che l’uomo si pone da sempre. Come ad esempio: perché si soffre? Cosa accade alla morte? Come trovare la felicità? Ringrazio mia madre per questo.

Posso quindi solo affermare che per quanto sia un concetto astratto, la felicità spesso ce l’abbiamo davanti agli occhi. Basta solo saperla cercare.”          

 

La felicità è mio padre sollevato, che sta bene, e vedere i suoi occhi illuminarsi per cercare di distrarci, per far crederci che tutto si sistema.

Felicità è sapere di avere un padre che lavora per non far mancare niente ai propri figli.

Felicità è stato vedere mia madre in ospedale tutti i giorni accanto a lui, l’uomo con cui ha passato un’intera vita, vederli baciarsi dopo le lacrime. Felicità è tornare a casa e sapere di averli insieme, nonostante i problemi, i litigi, le cose negative. Ecco per me è questo. 

Solo ora capisco quali siano le cose importanti della vita: quando ad un certo punto tutto sembra andare a rotoli ed è proprio lì che ti alzi e capisci di voler vivere, di voler andare avanti, ma con il sorriso  e cercando di essere forte.”      
 
Che dite?!
Io GRAZIE.